“Pronto Unione, buongiorno…” banalmente così si apre una delle telefonate che ricevo al numero dell’Ufficio Servizi Sociali, presso la sede di Novafeltria dell’Unione di Comuni Valmarecchia, l’ente dove presto Servizio Civile dal 15 gennaio 2020 nell’ambito del progetto denominato “Minori, futuro e benessere”.

Le persone che chiamano sono mosse da tante necessità, grandi o piccole che siano; ma per ciascuno di loro fondamentali: bisogni che, talora, non trovano risposta nelle proprie capacità personali o nelle relazioni amicali o nel welfare familiare, ove presente, e di cui quindi si fa eventualmente carico il welfare pubblico. Ovviamente, dopo un’attenta valutazione del caso tramite colloqui e con allegata documentazione e modulistica.

Ad esempio, è essenziale per accedere ad una prestazione sociale il possesso del modello ISEE, una sorta di “patente”. Chi più chi meno, presentandosi,  racconta brevemente la propria situazione e, dunque, racconta di sé: una persona disabile che chiede di parlare con l’Assistente Sociale che la segue, magari per un tirocinio, un parente che presenta una difficoltà con l’assistenza di un familiare anziano, magari non più autosufficiente, una persona invalida impossibilitata ad arrivare ad una visita specialistica all’ospedale di zona senza l’ausilio di qualcuno che la accompagni, una madre alle prese con la compilazione online del bando per l’ottenimento del sussidio per le famiglie numerose, un padre di famiglia che fatica a sbarcare il lunario e cerca un piccolo contributo dello Sportello Sociale Professionale. 

Queste richieste prevedono tutte un sottile lavoro di concerto, dietro le quinte, fra istruttori amministrativi, il referente amministrativo dei Servizi Sociali, le Assistenti Sociali, anche di altri servizi, con un occhio sempre sulle risorse finanziarie a disposizione. Solo ricevendo le telefonate si apre un vero e proprio spaccato sulle fragilità degli ultimi del nostro territorio, l’Alta Valmarecchia, cartina di tornasole delle crescenti disuguaglianze economiche del paese e del mondo in cui tutti viviamo, nel quale la polarizzazione dei redditi, con l’eclissarsi del ceto medio a causa della perdurante crisi economica degli ultimi anni, è acuita dalla recente pandemia. Scaturiscono così nuove fragilità, che si affiancano e aggravano le preesistenti, creando fenomeni di marginalità ed esclusione sociale.

Tuttavia, la mia personale esperienza di volontario del Servizio Civile non si esaurisce in questo. L’attività di supporto amministrativo è essenziale per il buon funzionamento di tutta la macchina, benché io ne costituisca solo un piccolo ingranaggio: un lavoro in team nel quale, oltre ad una dose massiccia di buona volontà, si cresce, in primis umanamente e professionalmente, e poi sotto il punto di vista delle capacità relazionali. Il timore e la circospezione, che possono dapprima essere provati in un contesto che non si conosce, sono fisiologicamente mutati ben presto nel leggero sorriso che ogni mattina mi segna il viso quando esco di casa, anche–anzi, soprattutto!- sotto la mascherina  in  un momento di generale difficoltà come quello che stiamo vivendo a causa della pandemia da Covid-19.

Un momento in cui anche solo il tono di una “Buona giornata” detto ad una persona anziana sconosciuta che ha appena ordinato una spesa che più tardi un volontario della Protezione Civile le consegnerà, può far sentire che si sta facendo, nel proprio piccolo, la propria parte.

Gioele
Operatore volontario in servizio civile presso l’Ufficio Servizi Sociali dell’Unione di Comuni Valmarecchia